Potenziali Evocati Visivi (PEV) nella diagnosi della Neurofibromatosi

Che cos’è la neurofibromatosi?
La neurofibromatosi è un gruppo di malattie genetiche rare che colpiscono il sistema nervoso. È caratterizzata dalla crescita di tumori lungo i nervi e da alterazioni cutanee, ossee e oculari. Ne esistono tre forme principali:
- Neurofibromatosi di tipo 1 (NF1): la più comune, interessa circa 1 persona ogni 3.000. In Italia si stimano circa 20.000 pazienti. Si manifesta con macchie cutanee color “caffè-latte”, piccoli tumori sottocutanei (neurofibromi), noduli dell’iride (noduli di Lisch) e, nel 20% dei casi, con un tumore del nervo ottico chiamato glioma.
- Neurofibromatosi di tipo 2 (NF2): più rara, colpisce circa 1 persona ogni 33.000. È spesso associata a tumori dei nervi uditivi (schwannomi vestibolari) e del cervello (meningiomi).
- Schwannomatosi: caratterizzata dalla presenza di numerosi tumori benigni (schwannomi), ma senza coinvolgimento dell’udito o della vista nella maggior parte dei casi.
Queste malattie si trasmettono in famiglia oppure possono comparire per la prima volta in un individuo. Sono dette “genetiche”, ma non sempre ereditate. La trasmissione è di tipo autosomico dominante, ovvero è sufficiente che una copia del gene alterato (su due) sia presente per sviluppare la malattia.
Cosa sono i Potenziali Evocati Visivi (PEV)?
I Potenziali Evocati Visivi (PEV) sono un esame neurologico non invasivo che permette di valutare il funzionamento delle vie visive. In pratica, registrano come il cervello risponde a stimoli visivi, misurando le variazioni dei potenziali bioelettrici.
L’esame dei Potenziali Evocati Visivi permette di rilevare problemi alle vie visive anche prima che compaiano sintomi visivi evidenti.
Durante l’esame PEV da pattern, il paziente guarda uno schermo con un disegno in bianco e nero che cambia regolarmente (una scacchiera), mentre degli elettrodi posizionati sul cuoio capelluto dietro la testa, registrano l’attività elettrica cerebrale della corteccia occipitale.
Questo esame è caratterizzato da una serie di onde a polarità alternante, fra le quali è possibile distinguere dei picchi che vengono definiti con la lettera indicante la polarità e la cifra il tempo di latenza.
La risposta più importante che si analizza è quella dell’onda P100, che si manifesta appunto circa 100 millisecondi dopo lo stimolo (v. figure 1 e 2).
- Latenza della P100: indica il tempo impiegato dallo stimolo visivo per raggiungere la corteccia visiva. Un ritardo può suggerire un problema di trasmissione lungo il nervo ottico.
- Ampiezza della P100: misura l’intensità della risposta. Un valore più basso può indicare una riduzione della funzionalità visiva.
Si osservano ritardi della P100 (oltre 100 ms) e ampiezza ridotta, coerenti con compromissione delle vie ottiche per presenza di glioma ottico
Il processo visivo e la PEV
Per comprendere come i PEV rilevino eventuali problemi, è utile sapere come funziona la visione (v. figura 3).
- La luce (fotoni) entra nell’occhio e colpisce la retina, una sottile membrana che contiene i fotoricettori: coni (per i colori) e bastoncelli (per la visione notturna).
- Queste cellule trasformano la luce in segnali elettrici.
- I segnali passano a cellule nervose chiamate gangliari, i cui prolungamenti formano il nervo ottico.
- I nervi ottici si incontrano nel chiasma ottico, dove parte delle fibre si incrociano.
- Da lì, i segnali viaggiano attraverso i tratti ottici fino a una zona del cervello chiamata corpo genicolato laterale (nel talamo).
- Infine, raggiungono la corteccia visiva nel lobo occipitale del cervello, dove avviene la percezione visiva.
Un problema in qualsiasi punto di questo percorso del segnale visivo può causare una perdita parziale o totale della vista.
I PEV permettono di capire se e dove il segnale si interrompe o si altera.
A cosa servono i PEV nella Neurofibromatosi di tipo 1 (NF1)?
Nel contesto della NF1, i PEV sono particolarmente utili per valutare la salute del nervo ottico, che può essere colpito da tumori (gliomi), spesso asintomatici nelle fasi iniziali.
Sebbene la diagnosi di questi tumori avvenga principalmente con la risonanza magnetica (RM), i PEV possono offrire un’informazione funzionale complementare e precoce. In alcuni casi, alterazioni nei PEV possono precedere sia i sintomi che i cambiamenti osservabili con la risonanza.
Nei pazienti con NF1, come suggeriscono gli studi, i PEV hanno ritardi nella latenza della P100 anche in assenza di sintomi visivi.
Inoltre, i PEV sono preziosi:
- nei bambini piccoli o in persone non collaboranti,
- in persone in cui la valutazione dell’acuità visiva tramite esami soggettivi è difficoltosa
- per monitorare l’evoluzione della malattia,
- per supportare decisioni terapeutiche, ad esempio quando intervenire con chemioterapia o chirurgia.
E nella NF2 e nella schwannomatosi?
Nella neurofibromatosi di tipo 2, i problemi visivi sono meno frequenti, ma i PEV possono essere utili se si sospetta un coinvolgimento del nervo ottico o della corteccia visiva da parte dei tumori intracranici.
Anche se il loro impiego non è di routine possono contribuire alla valutazione complessiva del coinvolgimento neurologico.
Nella schwannomatosi, invece, le vie visive sono raramente interessate e l’uso dei PEV non è indicato.
Conclusioni
I Potenziali Evocati Visivi sono un esame funzionale importante valutare e seguire la progressione della neurofibromatosi, soprattutto ti tipo 1 (NF1). Inoltre, permettono di rilevare precocemente altre malattie del nervo ottico, anche in assenza di sintomi.
La combinazione tra PEV, visita oculistica e risonanza magnetica offre una valutazione completa della funzionalità del nervo ottico. Utilizzati con consapevolezza e interpretati correttamente, possono offrire un contributo diagnostico prezioso, soprattutto nel caso di pazienti non collaboranti o pediatrici e nei contesti in cui gli esami tradizionali risultano insufficienti.
Nel campo della riabilitazione neuro-visiva, l’integrazione dei dati ottenuti dai Potenziali Evocati Visivi consente di personalizzare i protocolli terapeutici in base alla funzionalità residua delle vie ottiche, risultando particolarmente utile nei pazienti con deficit visivi secondari a compressione o disfunzione del nervo ottico.
Bibliografia
- Optic gliomas in children with neurofibromatosis type 1. J Pediatr. 1989 May;114(5):788-92. doi: 10.1016/s0022-3476(89)80137-4. Listernick R, Charrow J, Greenwald MJ, Esterly NB. PMID: 2497236.
- Neurofibromatosis 1 and neurofibromatosis 2: a twenty first century perspective. Lancet Neurol. 2007 Apr;6(4):340-51. doi: 10.1016/S1474-4422(07)70075-3. Ferner RE. PMID: 17362838.

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