Alzheimer: casi destinati a raddoppiare ogni 20 anni

Graziana Romano
Psicologa di area Neuropsicologica e Psicoterapeuta in formazione
5 minuti
Continuum tra decadimento cognitivo e malattia di Alzheimer.
Sommario

    La redazione di Emianopsia.com ha il piacere di ospitare la Dott.ssa Graziana Romano:  laureata in psicologia con magistrale in neuroscienze cognitive. La Dott.ssa Romano ci offrirà una panoramica su quella che è la malattia di Alzheimer.

    Patologia, questa, che generalmente si manifesta durante la prima fase in maniera subdola: i soggetti iniziano ad avere delle dimenticanze che, con il tempo, vanno incontro a un peggioramento progressivo. Con il progredire della malattia si arriva al punto di non riuscire più a riconoscere nemmeno i propri familiari. I pazienti che vivono uno stato avanzato della malattia hanno bisogno di aiuto anche per le attività quotidiane più semplici.

    Il decadimento cognitivo

    Il decadimento cognitivo è una delle maggiori preoccupazioni correlate alla popolazione anziana e la demenza, in particolare l’AD (Alzheimer Disease) è una delle maggiori cause di decadimento cognitivo relativo all’età.

    Secondo il World Alzheimer Report (2015), in tutto sono 46,8 milioni le persone affette da una forma di demenza di cui circa il 50-60% affette da AD (quindi si possono stimare circa 24/28 milioni di casi). Questa cifra è destinata quasi a raddoppiare ogni 20 anni, fino a raggiungere 74,7 milioni di persone nel 2030, 131,5 milioni nel 2050 e una sopravvivenza media dopo la diagnosi di 4-8-anni.

    Ecco qui un breve video pubblicato da Santagostino che ci dà una panoramica sull’Alzheimer.

    https://www.youtube.com/watch?v=d_22l6WieGU
    Come riconoscere e prevenire l’Alzheimer

    Mild Cognitive Impairment: cos’è?

    Il decadimento cognitivo lieve è una condizione clinica caratterizzata da una moderata compromissione di uno o più domini cognitivi (quali, ad esempio, memoria, attenzione, linguaggio). Spesso ci si riferisce a questo status con l’acronimo inglese MCI, che significa Mild Cognitive Impairment. I soggetti MCI di solito incontrano difficoltà a ultimare alcuni compiti complessi che prima avevano sempre eseguito senza difficoltà, potrebbero necessitare di tempi più lunghi, oppure essere meno efficienti o fare più errori rispetto al passato nelle medesime attività, ma ciononostante mantenere la loro autonomia e indipendenza.

    Quali sono i vari tipo di MCI?

    In base alla funzione cognitiva deficitaria individuate all’esordio del decadimento cognitivo, quest’ultimo può essere classificato in: 

    • MCI amnesico (aMCI): il soggetto presenta un deficit a un unico dominio cognitivo, memoria dichiarativa di tipo episodica o linguaggio;
    • MCI multidominio (mdMCI): il soggetto presenta deficit in più di un dominio cognitivo, memoria e linguaggio.

    I diversi tipi di MCI sembrano avere un’eziologia differente ed essere prodromici di diversi tipi di demenza, in particolare la variante aMCI sembra evolvere più frequentemente verso questa malattia(Hampstead et al., 2011). I pazienti aMCI generalmente mostrano una ridotta attività corticale nelle zone frontali e parietali rispetto agli anziani in buona salute e, come nel caso di soggetti con AD, mostrano una maggiore variazione delle porzioni anteriori dell’ippocampo.

    Quali sono le cause della malattia di Alzheimer?

    Stiamo parlando quindi di una malattia neurodegenerativa, progressiva ed irreversibile che colpisce le cellule del sistema nervoso centrale. La causa alla sua origine sembrerebbe essere legata all’alterazione del metabolismo di una proteina, la proteina precursore della beta amiloide (detta APP) che, per ragioni ancora non conosciute, a un certo punto nella vita di alcune persone inizia a venire metabolizzata in modo alterato.

    Questa fattispecie porta alla formazione di una sostanza neurotossica – la beta amiloide – che si accumula lentamente nel cervello portando a morte neuronale progressiva. Nelle ultime fasi della malattia la progressiva povertà cellulare si traduce macroscopicamente in atrofia della corteccia cerebrale, cioè in un assottigliamento del tessuto cerebrale visibile anche con TAC e Risonanza Magnetica.

    I sintomi

    I sintomi più evidenti riscontrabili nella fase iniziale della malattia possono essere:

    • perdita di memoria di tipo amnesico come i cosiddetti “vuoti di memoria”;
    • disturbi aspecifici, come alterazioni del ritmo sonno-veglia;
    • cambiamenti della personalità (le persone possono diventare emotivamente meno reattive, depresse, insolitamente timorose e/o ansiose, oppure possono accentuarsi alcune caratteristiche di personalità).

    Nell’arco di 6-12 mesi il decorso della malattia vede una progressione sintomatologica con la comparsa di deficit che coinvolgono altre aree cognitive:

    • disorientamento spaziale/topografico: nelle fasi precoci, il paziente può avere difficoltà nell’apprendimento di nuovi percorsi, progressivamente le difficoltà si estendono: è infatti possibile che il paziente dimentichi del tutto i percorsi conosciuti anche in ambito domestico;
    • deficit del linguaggio: inizialmente si tratta di disturbi lievi del linguaggio che consistono nella difficoltà a trovare le parole con minore frequenza d’uso, i nomi di persone, oggetti o farmaci (anomie). Nelle fasi più avanzate della malattia è probabile che si verifichi una conclamata afasia;
    • deficit visuo-spaziali: in una piccola percentuale (3% dei casi) possono rappresentare il sintomo iniziale. Molti pazienti presentano abbastanza precocemente aprassia dell’abbigliamento (incapacità a vestirsi correttamente) e risultano altrettanto frequenti difficoltà aprassico-ideative (incapacità di pensare e mettere in atto uno specifico movimento);
    • deficit attentivi: il paziente ha difficoltà a svolgere più compiti contemporaneamente, può non essere in grado di inibire comportamenti erronei, ha difficoltà a focalizzare l’attenzione su un compito fino alla fine;
    • deficit del ragionamento astratto: il paziente non è né in grado di risolvere normali attività quotidiane né di far fronte a situazioni nuove.

    In fase tardiva compaiono manifestazioni psichiatriche come apatia, irritabilità, disturbi comportamentali, disinibizione e il fenomeno della trasposizione diacronica del passato autobiografico nel presente (es: persone decedute vengono credute vive e identificate con altri familiari).

    Come fornire una diagnosi a un malato di Alzheimer

    Attualmente la diagnosi di AD prevede l’analisi della storia clinica del paziente e l’utilizzo di test neuropsicologici come il Mini-Mental State Examination (MMSE). In associazione con le valutazioni dello stato mentale è molto importante eseguire esami neurologici come la Risonanza magnetica e la SPECT (tomografia computerizzata ad emissione di fotone singolo).

    È stato osservato che la SPECT sembra essere molto utile nel differenziare questa malattia da altre possibili cause; essendo un esame eseguito per misurare il flusso del sangue nel cervello, si è riscontrato che tale flusso è ridotto nei pazienti AD per effetto di una diminuita attività delle cellule nervose.

    Ringraziamo la Dott.ssa Romano per questo prezioso intervento e vi invitiamo ad approfondire il decadimento cognitivo nel nostro articolo: Deterioramento cognitivo: il percorso di riabilitazione.

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